Tra paffute nuvole rosate,
dipinte su di una tela arancio
il sole inizia a nascondere
il volto stanco dietro ai palazzi,
mentre un vento dispettoso
si diverte a sbattere i panni stesi,
come un impudico scolaro
ad alzar le gonne delle compagne,
e a far danzare le fronde dei cortili
che tornano fiere ad indossare
i verdi e freschi abiti primaverili,
lanciando nell'aria, inaspettati,
fiocchi di profumata neve.
E si accendono nell'oro del tramonto
le iridescenti sagome di uccelli canterini,
i quali, in un frenetico girotondo,
s'inseguono attorno al vecchio campanile
la cui cupola di rame ormai ossidata
porta in capo una croce senza il Cristo suo.
E m'è impossibile non pensare
ai suoi incensi ed alla sua pace,
ed al suo silenzioso assiduo pregare.
Vecchio San Luigi, che s'erge sui tetti,
tra le antenne ed i comignoli,
come un antico ed eterno messaggero
in un mondo che rincorre un incerto futuro.
La quiete del cortile,
ormai spoglia di cinguettii e miagolii,
e latrati sommessi, e grida di bimbi,
accoglie con riverenza la sera
col nero manto suo, che a breve
vanitosa dei suoi gioielli
accenderà qualche stella dorata,
che la lucente Milano surclasserà,
per rimanere Ella stessa la più brillante,
la guida dei suoi figli cittadini,
pupilla dei loro occhi,
e Madre premurosa, e gelosa Amante.
Ed ecco San Luigi, in un cielo ormai bruno,
suonare ancora le sue campane,
ultimo saluto al giorno morente;
e richiama l'attenzione dei fedeli a più alti pensieri,
e forse anche a chi la fede l'ha persa
o, speranzoso, la ripone nel domani che ha da venire.