giovedì 29 marzo 2012

Legami a te

Legami a te al calare della notte
e cingi la mia anima ai tuoi fianchi
come un nastro di purpurea seta
ad accompagnar, fedele, il tuo ritorno verso casa.
Legami al tuo fiato, al cremesi delle tue labbra,
al ritmico battere del tuo cuore;
che io possa batter con lui!
Imbriglia il mio volere con gioghi d'amore,
con catene di fiducia e lacci d'attenzioni.
Legami a te, e portami ovunque tu vada,
nei viaggi dell'anima,
e ti starò vicino, seduto,
ad ascoltare i tuoi silenzi.
Legami al giorno che verrà,
fammi essere la cinghia del tuo bagaglio,
per tener nascosti i segreti, celata l'intimità,
al sicuro dalla rapina del mondo.
Legami a te, e sarò libero
nell'appartenerti.

mercoledì 28 marzo 2012

La stalla

In cor' mi dico "passerà", del grigio giorno
il quale, ostinato, recalcita a volger alla storica stalla,
nella quale muli e giovenche si riposan dall'operato.
E raglia, ottuso, il presente. Stupido ed irremovibile,
mai sazio degli empi giunchi, e della viltà dei campi brulli.
Raglia e tira, e se non lo s'imbriglia, come il carcerato alla catena,
mai il giorno ignorante porterà la sua sciagura nel recinto,
ma continuerà a sparger sterco sul selciato che porta alla magione,
casa del savio dì venturo, tollerante, il quale ancora ha da nascere.

martedì 27 marzo 2012

Cuore di carta

In ogni tempo,
tu, stabile, attendi.
Invecchi invero,
rapido,
eppur la voce tua
mai vien a mancar d'intensità.
E sollazzi, sovente,
ed allieti il crescer mio, interiore,
così come, con grazia,
t'appresti a mutar mio volubile umore.

Il figlio perso

S'appresta il piede, mai sazio di vergognoso piacere,
a valcar la soglia della famigliare casa,
a chieder monete per saldar l'incestuoso debito,
per elemosinare con voce impostata, il prossimo godere.
E la madre afflitta apre la borsa alla mano lesta del figlio suo,
il qual, ricco del bottino, ghigna in cor' per la refurtiva,
ignaro d'aver rapito l'anima che, puro, lo partorì,
per scambiarla col sudore d'una meretrice.
E s'affligge il padre di tale scempio, con gli occhi bassi,
onde non mostrar al paese lo sguardo umiliato,
avendo educato un simil uomo empio,
per veder sperperata, ancora in vita,
l'eredità d'un figlio che arricchisce una puttana.

lunedì 26 marzo 2012

Il viver onesto

Di speme non sazia il ventre e non ristora
nell'idea del giaciglio, stanco, il bracciante.
L'arsura non risparmia gli animi lieti
e la fame, figlia della misteria,
non s'allontana che d'un passo dalla madre sua.
Per i campi si vedono curve le bronzee schiene,
piegate a strappar dal ventre di Gaia i primogeniti frutti,
amati e venerati come dèi, salvatori delle povere genti.
S'ode poi in lontananza il gorgheggiare del pettirosso,
a beffarsi del sudore che imperla le umane fronti,
ed il suo cantare si musica di verdi gracidii e di archeggi di grilli,
come sinfonica orchestra, a celebrar solenne l'estivo meriggio.
Rossi ed amorosi i papaveri si concedono all'oro dei campi,
e adorne di sete dalle forti tinte, farfalle amanti fugaci, 
danzano leggiadre di fiore in fiore, 
senza amarne alcuno,
ma si fermano poi, affannose, sui petali d'uno o dell'altro a mirar,
sbiadito, il paesaggio che si tinge d'ambra infuocata.
Ed ancor si piegano le teste, e si allungano le braccia,
e si bagna l'arido terreno della fatica che lo fa germogliare.
Si sfameranno, però, all'imbrunire,
con ossa spezzate e cuore ustionato, i contadini,
ricchi del frutto del loro dovere,
e dell'onesto vivere umano, ch'ormai s'è perso.

mercoledì 21 marzo 2012

Il salice sul lago

Ti prostri, dal vento coatto,
con la chioma a lambir la polvere,
a versar le lacrime in verdi lamenti.
Sul lago, ti vidi, proteso verso l'acqua;
miravi il malinconico riflesso,
di te, solo, e del cielo sgombero di nembi.
Eppur d'amanti ne avesti a decine,
esuli: e solevi abbracciarli, lì sulla riva,
ed insieme, concepiste ispirati sonetti,
e suonaste soavi ballate,
e talvolta dipingeste, anche di voi stessi.
T'osservo, silente, religioso,
per non disturbare la tua prigionìa
ed il tuo struggerti per l'amor perduto.
E t'amo, in verità, come ogni poeta,
poichè affiini sono in noi, il soffrire,
l'attendere, lo sperare.
Ed in questo siam tanto simili
che un giorno lontano, 
un giovane romantico,
sedendo su questa stessa riva, ci vedrà
lunghi verso lo specchio del lago,
ad amar, nelle nostre solitudini,
il passato ormai svanito.

martedì 13 marzo 2012

Genesi

E Dio creò l'uomo.
A sua immagine e somiglianza,
maschio e femmina, Egli lo creó,
indistintamente,
ed in egual misura
intollerante l'una all'altra parte.
E l'Uomo creó dio,
conformemente alla propria opinione di sè,
smisurato, arrogante;
E lo fece invisibile,
per nascondere il proprio volto.
E lo fece altissimo,
per poter scusare la propria pigrizia
nel doverlo poi un giorno cercare.
L'Uomo creó un dio,
ne creó anzi, più d'uno.
Ne fece uno per ogni essere umano.
Ognuno vero, ognuno falso.
L'Uomo si stufó, poi, del suo nuovo feticcio,
ed esso, a sua volta stufo, l'abbandonó.

lunedì 12 marzo 2012

Giunone

Femminea corona del sacro romano,
del travaglio protettrice, e delle unioni;
finisti per sposare il greco traditore,
fratello di fulmini adorno, e dal facile amore.
Bellezza sublime, dal troiano tradita
il qual, ad altra diede in dono l'ambito frutto;
giurasti vendetta al popolo suo,
perfino dai profeti, oltraggiata,
e dagli amanti del tuo sposo, umiliata,
fino a veder distrutto il nido loro.
Regina del monito, nel tempio consigliavi gli afflitti,
e della fauna eri l'amica, e di tutto il bello,
trovasti eleganza e maestosità nell'austero pavone,
e lo amasti, a dimostrar cos'era amore,
e dipingesti d'Argo i cari occhi sulla coda sua.
Ma il cuor tuo trasfigurò in demoniaca furia,
e nient'altro desiderasti, se non vendetta,
al vedere il frutto dell'inganno coniugale,
e gelosa, ti scagliasti con perfidia contro gli eredi dell'adulterio,
senza risparmiare l'umana fanciullezza.
Così, amore tanto devoto e sacro,
divenne simbolo d'ira.
Ed anche ora che il tuo consorte non giace, se non con te,
nella memoria di templi e di Olimpi,
il nome tuo si compara all'amor tradito,
che ancora ama, e sempre amerà.

domenica 11 marzo 2012

Vivere

V'è un abisso nel cuore d'ognuno,
una voragine che s'apre nell'anima,
uno strappo nelle profondità dell'io,
il qual si cicatrizza a contatto con l'universo.
Granelli di cosmo, come residui di Dio
intrappolati in queste membra mortali
e parte del nostro spirito si lega
al tempo, allo spazio, al continuo mutare di essi.
Mutando, cominciamo ad esistere,
e solo allora lo chiamiamo vivere.

Il pavone

S'atteggia, altezzoso, il pavone.
Guardatemi, sembra gridare. Ammiratemi.

E con quale arroganza mostra il suo piumaggio!
Fosse opera del suo sforzo, sembrerebbe meno stolto,
ed invece, nel far la ruota, dimostra la sua stupidità.
Guardatemi, amatemi, sembra supplicare,
dell'attenzione vostra vivo, e del vostro plauso.

Pavone, che rimani poi con due piume spelacchiate,
al termine della stagione nella quale Dio ti veste,
scoprirai dopo l'esibizione che il tuo pubblico t'abbandona,
e, sazio del tuo inganno, s'innamora di più sobrie vesti.
Senza la tua coda, sei fagiano, come tutti.

giovedì 8 marzo 2012

Mireró al cuore

Mireró al cuore,
arco nella mano,
faretra sulla schiena.
Con far lento
estraggo la freccia.
Baci la punta,
copioso, il veleno.
Tendo la corda,
mirerò al cuore.
Ti trapassi, veloce
la vendetta mia.
Supina giunga,
meritata morte.
Mirerò al cuore,
e nel tuo labirinto,
prigione d'inganni,
Asterione, tu morrai.

La promessa di Morfeo

Ancor non s'accende il firmamento,
eppur Morfeo già canta il nome tuo,
come le sirene con l'Ulisse viaggiatore,
per placare l'umano, sacrilego, tormento.
Ei ti promette, in cambio del tuo sonno,
che l'anima s'allieti, sgravata dell'affanno
e tu, ti lasci conquistare da promesse appena udite,
sperando che l'amor tuo ti raggiunga in sogno.
E vendi le tue ore per comprarti un paradiso
che demoni, sovente, rapinano ed incendiano.
Ma nel mondo che si crea nel riposo della mente
hai tesori sotterrati ed ulivi e viti e meli,
così, il placido tuo vivere, s'arricchisce, ogni sera, all'imbrunire.

Il richiamo dei draghi

Tu parli, con cuore di drago,
ed esprimi concetti di divina intensità
tanto che perfino le stelle si fermano ed ascoltano.
Stelle che si spengono poi, in sonni sognanti
ammaliate loro stesse dal tuo rifulgere, serena.
Tu parli, e nemmeno scorgi l'abisso
dal quale estrai, preziose, le parole.
E neanche immagini l'altezza ch'esse raggiungono,
fluttuanti, nel pensiero altrui, una volta liberate.
Emetti suoni celestiali, vestiti d'umana ingenuità,
e spalanchi con disarmante indulgenza l'eternità di fronte ai cuori spauriti.
Son, peró, aridi di meraviglia e d'emozione privi,
gli abitanti della terra,
e per questo inventi mondi interi, e li abiti di fate e dèi.
Canta solitaria, l'anima tua, nell'oscurità del mondo,
ma popola in se stessa i figli della luce che udisti in passato.
E cerchi, imperterrita, i famigliari lineamenti di sorelle e fratelli
e, silente, ascolti i silenzi dei continenti per udirne i lamenti.
Conosco, sorella ritrovata, la dolcezza del cuor tuo,
perchè della stessa ambrosia entrambi siam ghiotti ed affamati.
Tacciamo quindi insieme, ora, e scrutiamo i deserti
a trovar gli esuli, come noi un tempo, erranti,
ed ora resi dalla vita, draghi, angeli e poeti.

Dedicata alla mia nuova amica Noemi. Un vero drago.