giovedì 13 dicembre 2012

Fiocco di neve

Fiocco di neve
che cadi silenzioso,
tra tanti compagni,
danzando, leggiadro,
ti posi con grazia
sopra il mio naso
come il bacio insperato
d'un caro lontano.
Risvegli per magia
ricordi d'infanzia
e i giochi, e le fiabe
e i pomeriggi a studiare
e le corse, e le risa
e la candida vita
che credevo ormai persa
dalla memoria, svanita.
Ti sciogli, mio amico,
nel bacio tuo, dolce,
lasciandomi in dono
un cuore leggero,
più allegro, più vispo
d'ottimismo ripieno,
che paio d'incanto
il bambino che ero.

venerdì 7 dicembre 2012

Dicembre a Milano

Città a me 'sì cara
che ti desti prima ch'albeggi
coperta di brina,
nei primi dicembri,
tra il vociare sommesso
di sconosciuti viandanti
ed il frusciar di foglie
per le vie dei tuoi corsi.
Mentre s'annuncia appena
all'orizzonte,
l'albeggiar d'un nuovo dì,
e si spengono i lampioni
e così le stelle, amiche loro,
io mi sento amico tuo,
e dei tuoi segreti, custode
e confidente di speranze
ch'altri non odono
e che non sanno ascoltare.

Ti porterà il vento d'autunno

Ti porterà il vento
con le foglie d'autunno
per lunghi viali
per altri percorsi.
Ti porterà in alto
col soffio d'un respiro
e giù, di nuovo, in basso
verso un nuovo destino.
Ti porterà il vento
coi suoi mille tremori
col caldo cocente
d'altre mille stagioni.
E mille saranno i giorni
e le notti altrettante
e i sogni, le promesse
e le tenere afflizioni.
E sarà di nuovo autunno
e poi di nuovo estate
tra inverni e primavere
che potrai accarezzare.
Ma oggi, questo vento
ti porta di nuovo in alto
a scrutar nuovi orizzonti
e ciò che è perso, dietro te.

domenica 18 novembre 2012

Vorrei

Vorrei tingermi di verde il viso
un verde acceso, splendente,
e stendermi in un prato ad osservare
e diventare io stesso un filo d'erba
e danzare nel vento, nel suo ritmico ondeggiare.
L'unico peso che porterei sulle spalle
sarebbe una piccola goccia di rugiada,
nelle prime ore del mattino, ogni giorno,
ma la vedrei dissolversi su di me,
in un raggio di sole scintillante.
Vorrei dipingermi d'azzurro le mani
e tenderle verso il cielo infinito
e sfiorare con la punta delle dita
il cosmo che si dispiega ai miei occhi,
e le galassie, e le stelle, e i pianeti e perfino Dio.
Vorrei farmi trasportare nelle brezze della sera,
come polline, come polvere, come odore
per raggiungere le soglie del mondo
e mischiarmi alle spezie d'Oriente e alla Tramontana.
Vorrei tramutare il mio corpo in acqua pura,
e trovar così la via per il deserto
e lì, far rifiorire quella vita che in me ha dato già il suo frutto.

sabato 17 novembre 2012

Giovane

Mi dicono "sei giovane",
lo fanno da sempre,
quasi fosse una colpa
non aver sulle mie spalle
il peso di una vita ormai vissuta.
Come se giacesse su di me un marchio,
una maledizione dalla quale necessito salvezza,
come se dovessi espiare un crimine atroce prima di poter affrontare la vita.
Mi zittiscono, da sempre, gli "adulti"
quasi facessi loro un torto
nel sognare ancora, quei sogni d'infante,
ingenui e sciocchi pensieri di leggera libertà.
Sono giovane, in parte è vero,
e che io possa rimanere tale ancora a lungo!
Non nel corpo, certamente, non mi illudo,
un giorno o l'altro è affare d'ognuno abbracciare le canizie,
e a tutti tocca raggrinzire al sole come i fiori di campo.
Possa bensì restar fanciullo nello spirito e nella gioia di fare,
nello scoprire e nel provare emozione.
Lancio in cielo questa mia preghiera,
e che qualche Dio errante la senta,
possa io non crescere nell'anima
e di non ingrigire nel cuore,
perché d'appassire come il grappolo d'uva,
orfano della vite,
non è mio destino, e nemmeno lo aspiro!
Faccia piuttosto di me, la vita, del buon vino,
e che possa strappare un sorriso
ed un brindisi alla vita,
poichè di "uomini" è pieno il mondo,
ma in cielo ci stiamo noi giovani che ancora voliamo.



domenica 11 novembre 2012

Terra di Luce

Portami là, dove la luce abbaglia
dove il silenzio culla le notti.
Portami al confine del sole
tra il respiro e le fiamme,
tra la vita e la morte.
Nulla ti chiedo,
null'altro,
se non ciò che è impossibile.
Accompagnami in questo assurdo viaggio
alla ricerca del giorno eterno,
dell'eterna alba,
e dei suoi candidi raggi,
lì, dove si sciolgono le ombre
e dove hanno casa i sogni rapiti.
Partirò senza paura alcuna
protetto dal vento che spande la poesia
e la trasporta oltre sconosciuti orizzonti,
attraverso terre di luce,
fino ad arrivare ai cuori di ciechi e sordi,
i quali muteranno in musica il proprio cordoglio.
Non sembra poi così lontano quel tempo,
ed il luogo, già lo immagino nelle nascenti mattine.

lunedì 22 ottobre 2012

Autunno

Trasportato dal vento
d'autunno, rapito
quel triste lamento
d'un cuore ferito
si perde in frammenti
e lontani riflessi
e infiniti momenti
e il ricordo di essi.
La nebbia silente
oscura la vista
ma dentro, morente
lo sguardo rattrista,
lasciando inalterato
persistente l'odore
che scivola insperato
in un assurdo candore.

domenica 2 settembre 2012

Il cammino

Incauto, il mio piede avanza
seguendo percorsi immaginari,
lasciando dietro sè impercettibili impronte,
tracce di un inevitabile sussegursi d'idee.
Cammino svelto,
stabilmente stretto in improbabili decisioni,
lasciando che la strada scorra
coi suoi rimpianti, coi suoi rimorsi.
Non ho risposte da dare, nè motti,
a chi chiede dove porterà questo peregrinare
poichè non domando al cuore come lui batta, incessante,
e così non pretendo che le gambe m'illustrino i loro progetti.
Dove arriverò, quella sarà la meta,
e dove il respiro deciderà di portarmi,
finchè ciò che giacerà alle mie spalle potrà essere chiamato "casa".
Ed il tragitto,
con le sue perdite,
coi suoi vicoli bui,
coi cocenti pomeriggi disperati su strade roventi,
coi possibili ed improbabili compagni di viaggio
e le infinite premesse, note e postille,
quello è ciò che più m'importa,
e lo chiamerò con lo stesso mio nome;
quello, sarò io.

Fragile

Sento l'assenza di ricordi mai avuti
e di quelli che non faranno memoria
nella somma dei miei giorni,
nel totale di ciò che sono e sarei potuto divenire.
Ne sento l'assenza, riservata e discreta,
mai rivelata, mai presa in considerazione.
Come fantasmi di un passato fumante
che trascinano catene d'oscuri pensieri
per i meandri della mia mente, fragile.
Sento l'assenza degli occhi che non rifletteranno i miei,
e dei loro silenziosi segreti da celare
e delle necessità che non verranno colmate.
L'assenza del protrarsi del mio animo
e dell'estendersi del mio spirito verso l'eterno.
Espiro sospiri camuffati di quotidiane pene
ed imprigiono lo sguardo in vettori stabiliti.
E non si parla, non si ride.
Tutto deve tacere,
in segno di lutto e di mesta ammissione d'imperdonabili colpe sconosciute.
Non trovo salvezza o perdono per questa assenza.
Fragile, questo è il mio nome.
Assenza, questa è la mia natura.

venerdì 31 agosto 2012

Vanessa

Si strugge il cor' mio
nel vederti sfiorire
sì giovane e bella.
Neanche il tempo
d'amarti, mi diedi
che il fato funesto
ti sgiunse da me.
Mio piccolo fiore
che l'occhi miei inganni
con quelli tuoi, grandi
che guardano altrove.
Ti porterà il vento,
un'ultima volta,
sui prati, d'estate,
a salutar le stagioni.
E dentro, Io piango
sapendo che un anno
di lungo grigiume
ci separerà.
Ma vedrò di nuovo
il dolce tuo inganno
e il cor' mio rinnova
la speme al doman.

martedì 28 agosto 2012

Terre emerse

Inconquistate e sconosciute
lande selvagge
ove non v'è legge
ed in liberi sfoghi di gioia
si colman statuti e precetti,
ed in inconsapevoli bandiere
e vessilli a guidar eserciti di amorevoli gesti.
E basta un poco di bassa marea
a scoprir lembi di noi, uniti, sotto al mare.
Così, siamo noi, terre emerse.
Continenti che non è dato conoscere
ma che si mostrano l'uno all'altro
senza temere invasioni,
senza nascondere i propri confini.
Terre emerse,
questo siamo, io e te.

mercoledì 22 agosto 2012

Ti insegnerò a volare

Ti insegnerò a volare,
senza ali, senza vento.
Ti insegnerò a volare,
col solo bruciare del cuore,
col dolore straziante,
col pianto, il tormento.
E volerai in una notte d'inverno,
notte senza luna,
in un cielo senza stelle.
E volerai, col corpo in fiamme,
e ti librerai leggero
come un drago, come Dio.
Squarcerai le tenebre del silenzio
col riecheggiare della tua rabbia.
Le ossa spezzate,
la pelle lacerata,
pochi stracci a coprir le nudità
e con le sole tue forze.
Ti darò indicazioni per carpire la luce del lampo,
ti ammaestrerò per ruggire con la furia del tuono.
Ti dirò come rapire il coraggio del lupo,
come ricevere in dono l'energia dell'orso.
Ti insegnerò a lambire la morte per poi tornare alla vita,
purificato dal timore di fallire,
dal timore di cadere,
e ti svelerò infine l'arcano
affinchè nel tuo spirito risieda la forza di amare:
non c'è gloria per i codardi.
Ti insegnerò a volare,
e volerai.
Ti insegnerò a volare,
e amerai.

venerdì 20 luglio 2012

In ogni cosa

L'ho sentito
trasportato dal vento
sussurrato dal mare.
L'ho percepito
tra i fruscii delle fronde.
L'ho intuito
tra i colori del tramonto.
L'ho udito
sulla bocca di estranei.
L'ho visto
nelle ombre della folla.
L'ho toccato
col ricordo, e l'ho immaginato.
Il tuo nome è in ogni cosa.

domenica 15 luglio 2012

Assenza

Si potesse imbottigliare
l'odor del primo amore
parrebbe esso simile
al profumo delle mandorle
nel frantoio, pronte a divenir
per la stagione estiva, rinfrescante latte,
o sarebbe paragonabile al dolce olezzo di rose essiccate,
figlie di un bouquet ricevuto in dono
e di amorosi ricordi, e fremiti e sospiri.
Avrebbe la sembianza, ne son certo,
dell'oro finissimo e dell'argento liquidi,
con riflessi di raggi lunari
e al tatto risulterebbe come seta
impreziosita di gocce di gelida rugiada
liscia e corposa, densa, eppur leggera.
Prezioso elisir che trova consistenza
e corpo, e anima e mente
nell'assenza del proprio vaso,
il cuor dell'amor suo,
pronto a spezzarsi
per sentire ancora
il profumo del proprio desiderio.

mercoledì 4 luglio 2012

A mia madre

Scivolano veloci nel vento
vasti, gli estivi campi dorati.
Lontana si dissolve la Città,
distante, assieme all'inutile affanno
e all'umana vanità dell'ego.
E ricordo il materno amore,
in questo mio viaggio,
il viaggio di noi tutti.
E ritrovo mia madre
giovane e coperta di grazia,
abbracciata dalla speranza
nel fiore degli anni,
col cuore leggero
e la fronte ancora liscia
senza i solchi che la vita traccia
col doloroso suo aratro
prima di piantare i semi d'un meritato raccolto.
E ricordo quant'erano stretti i suoi abbracci,
e caldi,
com'è caldo ora il bacio
di questo Sole che arroventa il grano
e lo fa brillare come una corona
in capo al mondo,
quel mondo di noi tutti,
figli e figlie suoi.
E sento di nuovo il suo profumo
dolce, fresco, ed infinitamente materno
e protettivo, come una barriera,
invalicabile.
E lo rivedo, sì, l'amore di mia madre
in questo viaggio, in questo scintillìo
e mentre lo scorrere del tempo
mi spinge verso orizzonti ancora ignoti,
ricordo l'origine del mio viaggio,
la stessa del viaggio di noi tutti,
e mi sembra più vicina la meta
e meno lontana la casa nativa.
In ogni campo estivo vedo un papavero,
cremesi, nell'oro del pagliericcio,
tra gli infiniti colori di fiori sconosciuti.
inconfondibile è l'amore di una madre.

In ogni notte

Sguardi di liquida intimità,
persi tra le correnti abissali del cuore
e strattonati da impeti ardenti
con dita che si fondono in sodalizi,
nel totale abbandono degli intenti.
E si scindono l'anima e il sangue
nel vorticoso crescere del respiro.
Unghie graffiano affannose la notte
mentre labbra assetate d'amore
illuminano il buio con scintille di baci.
E tu, Luna, che osservi silente gli amanti
con fare amorevole di complice discreta,
dirigi il coro degli astri in un nuovo canto,
mai udito da uomo,
e sollecita le lucciole amiche a danzar liete,
nell'intermittenza del loro splendore,
a celebrar il funebre amoroso rituale,
mentre grilli e cicale suonano passionali gli archi.
Possa la coltre di nubi leggere stendersi
in quel vento che fa tremare le verdi fronde
e che accompagna brividi e trasporta sussurri,
quasi a voler ricordare l'inconsistenza
della forza che ci fa schiavi e patrizi nelle passioni e nelle virtù.
L'ebbrezza degli spiriti allegri,
pronti a festeggiar la ritrovata appartenenza,
felici nel farsi osservare,
luminosi e schietti,
in questa notte,
in ogni notte.

venerdì 8 giugno 2012

Io veglierò su di te

Non essere triste,
oh, amico fedele,
il giorno triste passerà
e torneremo a gioire, insieme
come al tempo dell'ingenua fanciullezza.
Da sempre accompagnamo
l'uno il cammino dell'altro,
e rispetto, ci dobbiamo,
e comprensione, e fedeltà,
ed attenzione, ed amorevoli cure fraterne
e pazienti notti d'ascolto.
Nelle mie scelte sciocche
e nelle tue assurde vie,
da sempre accordiamo un compromesso,
e l'affanno si divide per reciproco guadagno.
Ma ora, non essere triste,
e non pianger più, vecchio amico ferito.
Non vedi il cielo notturno
che già schiarisce al bacio dell'astro divino?
Non essere triste,
cuor mio, afflitto,
abbandonati alle mie cure
e mentre tu riposi,
io veglierò su di te.

sabato 2 giugno 2012

Cenere d'oro

Si sgretola, tra le mani, l'oro
come cenere d'un bosco in fiamme.
Si sfalda il prezioso luccichìo
e si fa polvere, beffardo, come tutto.
E che resta del suo antico sfarzo?
Solo malinconici ed amabili riflessi ambrati,
e nulla più.
Nulla, se non l'assenza stessa del suo peso,
ed il freddo tocco della sua essenza,
arsa dalle intrnzioni,
a gravare nel palmo della mia mano,
vuota e povera del suo tesoro perduto.
Con quell'oro ne avrei fatto un anello
e col suo durare, avrei sposato la vita,
ed avrei fatto gemelli da indossare
da esibire con vanto alle feste,
e ne avrei fatto una croce
per morire al giorno presente
e rinascere, magari, per un dì migliore.
Ma di cenere ho piene le mani.
Preziosa cenere d'oro,
e null'altro.

domenica 27 maggio 2012

All'amico perduto

Sulla soglia d'ogni notte
t'incontrerò
ormai libero dei tuoi bagagli
leggero come il vento.
Dove tutto è nero
tu, col tuo bagliore
schiarisci in azzurri sguardi
e silente t'aggiri in ricordi
di tempi appassiti.
Ma non v'è fretta alcuna
non più, per te, caro amico.
Sulla soglia d'ogni notte t'incontrerò
quando non sarà troppo assurdo
abbracciare il fiato d'un eco.
Piangerò e ricorderò il tuo nome.
Non scappare
ti prego, non svanire
poichè langue in me l'assenza tua.
Stupido amico
che vieni a tormentarmi ogni notte
troverai accesa la speranza mia
come barlume fioco e mesto
sull'uscio del dì presente
ad attendere fedele
la tua spettrale apparizione
con l'animo morente ed il lutto in ventre
sperando di sentir per un'ultima volta
la voce tua, ormai lontana

mercoledì 9 maggio 2012

Orfani di guerra

Fingiamo di ignorare ciò che non vediamo
relegando gli orrori del mondo
nei recessi di un'anima spezzata.
E non serve pregare per questo mondo
che s'è perso nel suo incubo
da tanto tempo ormai che nemmeno s'accorge
d'essersi assopito nelle guerre dell'uomo.
Il dolore degli infanti non raggiunge
i cuori, adulti e severi, dei padri,
animati da un più alto sentimento.
E combattiamo per un pezzo di una terra
che mai abbiamo posseduto,
e che mai sarà nostra.
Ed uccidiamo i figli dell'amore altrui,
privando di un futuro la nostra stessa speranza.
E dirompiamo, infine, in luttuose manifestazioni
di cordoglio e di pentimento,
coi cuori contriti ed i capi chini,
a meditar le perdite ed i guadagni,
pronti in cuore a privar dei padri,
altri figli,
se non i nostri.

Tulipano

In mezzo a tanti,
spicchi per bellezza,
tra le viole invidie,
tulipano dorato,
dall'alto stelo, snello.
Troneggi nel prato
tra papaveri e viole,
indossando lo sfarzo
della mera tua eleganza.
E quando vento ti spinge
tu pieghi a stento il capo
onde non mostrar al cielo
che debolezze s'agitano in te,
e non perder la cara corona
per la quale lotti esausto
fin dal giorno in cui nascesti
da terra arida e brulla,
assai lontana dall'agio.
Nel regale portamento
nascondi la fuga e il terrore
del periglio, dello spavento.
Delicato come ogni fiore,
millanti plumbea sicurezza
e spavaldo lasci che piogge estive
ti lacerino, crudeli, petali e cuore.
E non v'è sole a riscaldare
nell'assenza di pace,
nel campo in cui, orfano, ti trovi.
E speri che stelle lontane
restaurino antica forza,
e che rugiada battezzi
volgendo al mattino
la gioia del tuo vivere
un altro giorno, un altro giorno...

Dal balcone

M'affaccio con fare amorevole
ad osservar le tue movenze,
Milano mia,
che ti agiti nel sonno
sotto le coltri celesti.
T'accarezzo con l'anima, il viso,
col cuore bacio le tue vie,
e con occhi d'innamorato
ti sussurro all'orecchio:
a domani, mia amata.

martedì 8 maggio 2012

Il campanile di San Luigi

Tra paffute nuvole rosate,
dipinte su di una tela arancio
il sole inizia a nascondere
il volto stanco dietro ai palazzi,
mentre un vento dispettoso
si diverte a sbattere i panni stesi,
come un impudico scolaro
ad alzar le gonne delle compagne,
e a far danzare le fronde dei cortili
che tornano fiere ad indossare
i verdi e freschi abiti primaverili,
lanciando nell'aria, inaspettati,
fiocchi di profumata neve.
E si accendono nell'oro del tramonto
le iridescenti sagome di uccelli canterini,
i quali, in un frenetico girotondo,
s'inseguono attorno al vecchio campanile
la cui cupola di rame ormai ossidata
porta in capo una croce senza il Cristo suo.
E m'è impossibile non pensare
ai suoi incensi ed alla sua pace,
ed al suo silenzioso assiduo pregare.
Vecchio San Luigi, che s'erge sui tetti,
tra le antenne ed i comignoli,
come un antico ed eterno messaggero
in un mondo che rincorre un incerto futuro.
La quiete del cortile,
ormai spoglia di cinguettii e miagolii,
e latrati sommessi, e grida di bimbi,
accoglie con riverenza la sera
col nero manto suo, che a breve
vanitosa dei suoi gioielli
accenderà qualche stella dorata,
che la lucente Milano surclasserà,
per rimanere Ella stessa la più brillante,
la guida dei suoi figli cittadini,
pupilla dei loro occhi,
e Madre premurosa, e gelosa Amante.
Ed ecco San Luigi, in un cielo ormai bruno,
suonare ancora le sue campane,
ultimo saluto al giorno morente;
e richiama l'attenzione dei fedeli a più alti pensieri,
e forse anche a chi la fede l'ha persa
o, speranzoso, la ripone nel domani che ha da venire.

lunedì 30 aprile 2012

Nella terra dell'abbandono

Tendono inerti gli arti
come eremi, gli amanti
esuli d'un popolo clandestino,
di gitani e cantori,
liberi nel vento
eppur coatti nelle loro prigioni di luci d'oblii.
Si sfaldano gli intenti,
ammutolendo l'eco dell'io
il qual si riversa in rigagnoli salati
che sfociano in salmastri lamenti.
Che il perdersi nell'animo altrui
in fatto d'amore, s'intende,
sia cosa nota al volgo
lo intendo come un eterno male
dal quale, ahimè, mai guarremo
poichè non v'è alcuno il qual, 
sano di mente,
cercherebbe la strada del ritorno
da una terra di prigionia
tanto amorevole e dolce.

venerdì 27 aprile 2012

Il diario degli amici

Rileggendo il diario di una vita,
tra le righe ed i pensieri che scrissi
la memoria mia, sorpresa, 
or si culla, or si sveglia,
in un dolce rimembrare.
A parole appena udite,
ed altre a lungo intessute,
s'aggiungon più candidi suoni
come di sogni vissuti
quasi toccati
come di eterni istanti di una vera pace.
Sfoglio ogni pagina con tacito timore,
paura di ricordare ciò che il cuore mio teme
e di scordar quelle gioie che l'han fatto tremare.
In ogni foglio ritrovo un viso, un nome,
un profilo, una lacrima, 
un abbraccio, un sorriso amico;
immagini che non perderò mai,
tesori, nascosti con estrema gelosia nel più intimo di me.
Devo chiudere i miei occhi,
poichè le lacrime annegano ogni cosa.
Per poter appieno osservare,
smetto di ricordare le cose di ieri,
conscio che il domani verrà
e che chi ho tanto amato
sarà in ogni pagina che scriverò,
anche in quelle di domani.

Fiume

Un fiume,
questo è l'amore.
esso sgorga dalla roccia, 
esce dall'alto masso
e con la sua dolcezza si fa strada
lisciando perfino la pietra più dura.
Solente sussurra delicati fruscii
ed irrompe in onde inarrestabili.
La luce, infine, ne illumina gli spruzzi
generando diamanti che zampillano ad ogni scossa.
Gocce di eternità bagnano il terreno brullo.
Un seme viene piantato,
un germoglio nascerà:
nuova vita sulla riva del corso d'acqua.
Da esso è la vita,
per esso si muore.
Vorrei anch'io annegare in un fiume d'amore.

L'Amore della sposa

Gli occhi del mio sposo
sono tratti dalla corteccia
di una grande quercia
all'ombra della quale trovo riposo.
Le sue radici sono un luogo sicuro,
lì posso nascondermi
e nessuno mai mi troverà.
Ma vi inciderò sopra il mio nome,
affinché il mio amato possa trovarmi
mentre l'aspetto,
persa nell'abbraccio del suo amore,
felice, tra le radici della nostra vita.

giovedì 12 aprile 2012

Il cattivo sarto

Ho perso il filo del discorso
qui, nel garbuglio dei miei pensieri.
La matassa di idee che corrono al fuso,
fibre di un ragionamento non ancora tessuto,
si sfilacciano, deboli e nude,
inutili perfino per rammendare stracci.
Ho perso il filo del discorso
e sparse, sul telaio, s'arruffano parole
in incomprensibili grovigli,
orfane del rocchetto d
E fingo d'intesser discorsi
come ad imbastire un abito per le feste,
usando tessuti di sproloquio e bottoni dorati.
S'accorgerà, però, il buon sarto
del lavorio mio da quattro soldi,
e col rimasuglio di tanta fatica
egli farà strofinacci, al massimo,
per rimuovere polvere da beni ben più cari
di queste quattro parole malcucite.

mercoledì 11 aprile 2012

Amor che fugge

Cuor che si strugge,
che a stento regge.
Cuor che s'affligge
per l'amorosa legge.
Cuor che poi fugge
tra ruggine e schegge,
e per mari va in viaggio
dove il vento troneggia.
Maneggiare con cura,
il saggio inneggia:
che lo bagni la pioggia
ma legato agli ormeggi,
che la corrente corteggi,
sull'onde ove poggia,
vicino alla spiaggia,
dove il sole costeggia,
ma l'amor lo protegga
dall'umore dell'uggio.
Cuor che rilegge gli amabili versi,
ed in sè sorregge interi universi
nell'aggettivo di un unico battito,
di tutto il suo amore oggetto e soggetto.

mercoledì 4 aprile 2012

Il leone d'oro

Figlio del sole, torrido Agosto,
sento le labbra tue infuocate
baciar con baci di fiamma,
la mia pallida e gelida pelle,
mentre rifulge sul viso tuo terso,
il divino astro, acceso d'immortale passione.
E t'osservo esplodere in lance di luce,
e trafiggere ombre sterminate;
caldo come l'alito infiammato d'un drago,
mortale come il magma che, incessante,
vibra nel ventre d'un vulcano.
Torrido Agosto,
che non mi lasci fiato,
che mi privi di ristoro,
che mi rubi le notti,
e che infiammi ogni appiglio,
abbi pietà del cuor mio, ustionato,
e placa il tuo glorioso spettro dorato,
e riposa tu stesso, leone d'oro,
nella savana del tuo meriggio.
Coricati, Agosto, in un cielo di stelle,
assieme alle sorelle tue, splendenti,
e sogni fai di luci e di diamanti,
senza che il sonno tuo venga turbato
da nubi di pioggia, pesanti di inquieti pensieri.

giovedì 29 marzo 2012

Legami a te

Legami a te al calare della notte
e cingi la mia anima ai tuoi fianchi
come un nastro di purpurea seta
ad accompagnar, fedele, il tuo ritorno verso casa.
Legami al tuo fiato, al cremesi delle tue labbra,
al ritmico battere del tuo cuore;
che io possa batter con lui!
Imbriglia il mio volere con gioghi d'amore,
con catene di fiducia e lacci d'attenzioni.
Legami a te, e portami ovunque tu vada,
nei viaggi dell'anima,
e ti starò vicino, seduto,
ad ascoltare i tuoi silenzi.
Legami al giorno che verrà,
fammi essere la cinghia del tuo bagaglio,
per tener nascosti i segreti, celata l'intimità,
al sicuro dalla rapina del mondo.
Legami a te, e sarò libero
nell'appartenerti.

mercoledì 28 marzo 2012

La stalla

In cor' mi dico "passerà", del grigio giorno
il quale, ostinato, recalcita a volger alla storica stalla,
nella quale muli e giovenche si riposan dall'operato.
E raglia, ottuso, il presente. Stupido ed irremovibile,
mai sazio degli empi giunchi, e della viltà dei campi brulli.
Raglia e tira, e se non lo s'imbriglia, come il carcerato alla catena,
mai il giorno ignorante porterà la sua sciagura nel recinto,
ma continuerà a sparger sterco sul selciato che porta alla magione,
casa del savio dì venturo, tollerante, il quale ancora ha da nascere.

martedì 27 marzo 2012

Cuore di carta

In ogni tempo,
tu, stabile, attendi.
Invecchi invero,
rapido,
eppur la voce tua
mai vien a mancar d'intensità.
E sollazzi, sovente,
ed allieti il crescer mio, interiore,
così come, con grazia,
t'appresti a mutar mio volubile umore.

Il figlio perso

S'appresta il piede, mai sazio di vergognoso piacere,
a valcar la soglia della famigliare casa,
a chieder monete per saldar l'incestuoso debito,
per elemosinare con voce impostata, il prossimo godere.
E la madre afflitta apre la borsa alla mano lesta del figlio suo,
il qual, ricco del bottino, ghigna in cor' per la refurtiva,
ignaro d'aver rapito l'anima che, puro, lo partorì,
per scambiarla col sudore d'una meretrice.
E s'affligge il padre di tale scempio, con gli occhi bassi,
onde non mostrar al paese lo sguardo umiliato,
avendo educato un simil uomo empio,
per veder sperperata, ancora in vita,
l'eredità d'un figlio che arricchisce una puttana.

lunedì 26 marzo 2012

Il viver onesto

Di speme non sazia il ventre e non ristora
nell'idea del giaciglio, stanco, il bracciante.
L'arsura non risparmia gli animi lieti
e la fame, figlia della misteria,
non s'allontana che d'un passo dalla madre sua.
Per i campi si vedono curve le bronzee schiene,
piegate a strappar dal ventre di Gaia i primogeniti frutti,
amati e venerati come dèi, salvatori delle povere genti.
S'ode poi in lontananza il gorgheggiare del pettirosso,
a beffarsi del sudore che imperla le umane fronti,
ed il suo cantare si musica di verdi gracidii e di archeggi di grilli,
come sinfonica orchestra, a celebrar solenne l'estivo meriggio.
Rossi ed amorosi i papaveri si concedono all'oro dei campi,
e adorne di sete dalle forti tinte, farfalle amanti fugaci, 
danzano leggiadre di fiore in fiore, 
senza amarne alcuno,
ma si fermano poi, affannose, sui petali d'uno o dell'altro a mirar,
sbiadito, il paesaggio che si tinge d'ambra infuocata.
Ed ancor si piegano le teste, e si allungano le braccia,
e si bagna l'arido terreno della fatica che lo fa germogliare.
Si sfameranno, però, all'imbrunire,
con ossa spezzate e cuore ustionato, i contadini,
ricchi del frutto del loro dovere,
e dell'onesto vivere umano, ch'ormai s'è perso.

mercoledì 21 marzo 2012

Il salice sul lago

Ti prostri, dal vento coatto,
con la chioma a lambir la polvere,
a versar le lacrime in verdi lamenti.
Sul lago, ti vidi, proteso verso l'acqua;
miravi il malinconico riflesso,
di te, solo, e del cielo sgombero di nembi.
Eppur d'amanti ne avesti a decine,
esuli: e solevi abbracciarli, lì sulla riva,
ed insieme, concepiste ispirati sonetti,
e suonaste soavi ballate,
e talvolta dipingeste, anche di voi stessi.
T'osservo, silente, religioso,
per non disturbare la tua prigionìa
ed il tuo struggerti per l'amor perduto.
E t'amo, in verità, come ogni poeta,
poichè affiini sono in noi, il soffrire,
l'attendere, lo sperare.
Ed in questo siam tanto simili
che un giorno lontano, 
un giovane romantico,
sedendo su questa stessa riva, ci vedrà
lunghi verso lo specchio del lago,
ad amar, nelle nostre solitudini,
il passato ormai svanito.

martedì 13 marzo 2012

Genesi

E Dio creò l'uomo.
A sua immagine e somiglianza,
maschio e femmina, Egli lo creó,
indistintamente,
ed in egual misura
intollerante l'una all'altra parte.
E l'Uomo creó dio,
conformemente alla propria opinione di sè,
smisurato, arrogante;
E lo fece invisibile,
per nascondere il proprio volto.
E lo fece altissimo,
per poter scusare la propria pigrizia
nel doverlo poi un giorno cercare.
L'Uomo creó un dio,
ne creó anzi, più d'uno.
Ne fece uno per ogni essere umano.
Ognuno vero, ognuno falso.
L'Uomo si stufó, poi, del suo nuovo feticcio,
ed esso, a sua volta stufo, l'abbandonó.

lunedì 12 marzo 2012

Giunone

Femminea corona del sacro romano,
del travaglio protettrice, e delle unioni;
finisti per sposare il greco traditore,
fratello di fulmini adorno, e dal facile amore.
Bellezza sublime, dal troiano tradita
il qual, ad altra diede in dono l'ambito frutto;
giurasti vendetta al popolo suo,
perfino dai profeti, oltraggiata,
e dagli amanti del tuo sposo, umiliata,
fino a veder distrutto il nido loro.
Regina del monito, nel tempio consigliavi gli afflitti,
e della fauna eri l'amica, e di tutto il bello,
trovasti eleganza e maestosità nell'austero pavone,
e lo amasti, a dimostrar cos'era amore,
e dipingesti d'Argo i cari occhi sulla coda sua.
Ma il cuor tuo trasfigurò in demoniaca furia,
e nient'altro desiderasti, se non vendetta,
al vedere il frutto dell'inganno coniugale,
e gelosa, ti scagliasti con perfidia contro gli eredi dell'adulterio,
senza risparmiare l'umana fanciullezza.
Così, amore tanto devoto e sacro,
divenne simbolo d'ira.
Ed anche ora che il tuo consorte non giace, se non con te,
nella memoria di templi e di Olimpi,
il nome tuo si compara all'amor tradito,
che ancora ama, e sempre amerà.

domenica 11 marzo 2012

Vivere

V'è un abisso nel cuore d'ognuno,
una voragine che s'apre nell'anima,
uno strappo nelle profondità dell'io,
il qual si cicatrizza a contatto con l'universo.
Granelli di cosmo, come residui di Dio
intrappolati in queste membra mortali
e parte del nostro spirito si lega
al tempo, allo spazio, al continuo mutare di essi.
Mutando, cominciamo ad esistere,
e solo allora lo chiamiamo vivere.

Il pavone

S'atteggia, altezzoso, il pavone.
Guardatemi, sembra gridare. Ammiratemi.

E con quale arroganza mostra il suo piumaggio!
Fosse opera del suo sforzo, sembrerebbe meno stolto,
ed invece, nel far la ruota, dimostra la sua stupidità.
Guardatemi, amatemi, sembra supplicare,
dell'attenzione vostra vivo, e del vostro plauso.

Pavone, che rimani poi con due piume spelacchiate,
al termine della stagione nella quale Dio ti veste,
scoprirai dopo l'esibizione che il tuo pubblico t'abbandona,
e, sazio del tuo inganno, s'innamora di più sobrie vesti.
Senza la tua coda, sei fagiano, come tutti.

giovedì 8 marzo 2012

Mireró al cuore

Mireró al cuore,
arco nella mano,
faretra sulla schiena.
Con far lento
estraggo la freccia.
Baci la punta,
copioso, il veleno.
Tendo la corda,
mirerò al cuore.
Ti trapassi, veloce
la vendetta mia.
Supina giunga,
meritata morte.
Mirerò al cuore,
e nel tuo labirinto,
prigione d'inganni,
Asterione, tu morrai.

La promessa di Morfeo

Ancor non s'accende il firmamento,
eppur Morfeo già canta il nome tuo,
come le sirene con l'Ulisse viaggiatore,
per placare l'umano, sacrilego, tormento.
Ei ti promette, in cambio del tuo sonno,
che l'anima s'allieti, sgravata dell'affanno
e tu, ti lasci conquistare da promesse appena udite,
sperando che l'amor tuo ti raggiunga in sogno.
E vendi le tue ore per comprarti un paradiso
che demoni, sovente, rapinano ed incendiano.
Ma nel mondo che si crea nel riposo della mente
hai tesori sotterrati ed ulivi e viti e meli,
così, il placido tuo vivere, s'arricchisce, ogni sera, all'imbrunire.

Il richiamo dei draghi

Tu parli, con cuore di drago,
ed esprimi concetti di divina intensità
tanto che perfino le stelle si fermano ed ascoltano.
Stelle che si spengono poi, in sonni sognanti
ammaliate loro stesse dal tuo rifulgere, serena.
Tu parli, e nemmeno scorgi l'abisso
dal quale estrai, preziose, le parole.
E neanche immagini l'altezza ch'esse raggiungono,
fluttuanti, nel pensiero altrui, una volta liberate.
Emetti suoni celestiali, vestiti d'umana ingenuità,
e spalanchi con disarmante indulgenza l'eternità di fronte ai cuori spauriti.
Son, peró, aridi di meraviglia e d'emozione privi,
gli abitanti della terra,
e per questo inventi mondi interi, e li abiti di fate e dèi.
Canta solitaria, l'anima tua, nell'oscurità del mondo,
ma popola in se stessa i figli della luce che udisti in passato.
E cerchi, imperterrita, i famigliari lineamenti di sorelle e fratelli
e, silente, ascolti i silenzi dei continenti per udirne i lamenti.
Conosco, sorella ritrovata, la dolcezza del cuor tuo,
perchè della stessa ambrosia entrambi siam ghiotti ed affamati.
Tacciamo quindi insieme, ora, e scrutiamo i deserti
a trovar gli esuli, come noi un tempo, erranti,
ed ora resi dalla vita, draghi, angeli e poeti.

Dedicata alla mia nuova amica Noemi. Un vero drago.

sabato 11 febbraio 2012

Figlio di un altro Dio

Sono figlio di un Dio che s'è perso,
nato per errore, Ei m'amò per natura,
figlio di un Dio bastardo, diverso,
non l'anima un culto, ma pura statura.
Sono figlio di un mostro, deriso, additato,
che genera vita, carezze ed amore,
che genera uomini in un mondo spietato,
che vive reietto, pur essendo signore.
Sono figlio di un Dio comunista,
son io stesso fibra della sua 'pinta bandiera,
senza politica, senza rivista,
con indosso mantelli di primavera.
Son io l'impronta di un Dio terreno
che della terra conosce il sapore,
sono il riflesso di un Esser Supremo,
il quale non cerca l'umano clamore.
Ma questo Dio, che il mondo disdegna,
trova nel popolo respinto, l'affetto,
e con l'affetto suo stesso, regna
senza disprezzare l'umano difetto.
Sono figlio di un Dio che è umano,
figlio di quello che chiamano sbaglio,
ed il mio creder fu mai meno vano;
nel rinnegarlo, io presi un abbaglio.

mercoledì 8 febbraio 2012

La notte degli angeli

Ed ecco giungere il silenzioso canto degli angeli;
d'incanto l'ode il mondo intero.
Ed anche silenziosa cala la notte,
stendendo coltri di brina sui campi assopiti,
e nelle case, i neonati s'aggrappano avidi ai seni materni,
pretendendo con innata speranza protezione e nutrimento.
Candide s'infuocano stelline lontane,
e gli innamorati le amano per riflesso di un amore millenario.
Tutto è quieto, tutto tace.
E s'ode la speranza gridare nel petto d'ognuno.
Venga il giorno a sciogliere le nebbie,
non prima, peró, che l'oscurità abbia rinfrancato il nostro cuore.
E saremo quel canto silenzioso che angeli invisibili cantarono in noi nella notte dei sensi.

lunedì 6 febbraio 2012

Il viaggio del vagabondo

Convengo conversare,
con versi avversi e per vasti versanti,
dei vostri versi divisi e diversi,
visto con vistose, vetuste vesti,
avvolgendo i volgari volti
del volgo, vòlti volenti,
volendo velare il violento violare,
vivendo vietando il vietare,
dividendo poi, con vanto, il divino vento,
invero dal vino visibilmente vinto.
E gravo, vago,
convogliando vaghe voglie,
vagliando tovaglie e stoviglie e
vegliando valigie di vigili viaggiatori.
Vigliacco poi chi, sveglio, si volge
a vigilar nella veglia.
Ma vogliate convincere i vostri vizi
a versar volubile la vite in vitro,
e a venerate il viandante
con visibili e savi vezzi,
agli avvizziti avi avvezzi,
vinti dal viver mio,
vero e vano.


Scritta con la partecipazione di Rosalba, una cara amica siciliana.

venerdì 3 febbraio 2012

Progenie di Icaro

Noi, progenie di Icaro,
scioccamente incendiamo le nostre ali nell'ambizione,
e per ghermire l'altezza
dimentichiamo i consigli
che canizie conseguirono,
e ci perdiamo in correnti  d'aria che i muscoli non reggono,
e ci priviamo della salvezza per un sogno di luce fatua.
Ci diedero un cielo che a noi non bastò,
ci porsero delle ali delle quali non fummo degni,
e dalle ceneri del nostro fallire
nasceranno nuove generazioni,
ma il nome loro sarà, ancora una volta, Icaro.

mercoledì 1 febbraio 2012

Gli amici

Fratelli che Fato volle generare in uteri divisi,
ritrovano reciproca appartenenza nel comune dei propri cammini.
Scialuppe di salvifica benevolenza,
si affidano gli uni agli altri ad affrontar le onde,
come mani che s'intrecciano, e i loro cuori diventan forti,
trovando nuovo vigore nel battere all'unisono.
Sono costoro legati da catene di libertà,
indistruttibili segni di una cattività volontaria,
e s'appartengono le loro anime come il fiume con la valle.
V'è un patto segreto, poi, tra loro,
che li rende custodi dell'anima, protettori dello spirito.
Inutile è cercare di dividere l'innata alleanza,
sprecate sono le gelosie e le invidie,
l'amicizia è vantaggio esclusivo di chi sacrifica il proprio cuore per salvare quello del fratello suo.

Sono gli uomini, universi

Sono gli uomini, universi.
Sono il soffio di un fuoco che scoppietta nel gelo di un inverno oscuro e senza tempo.
Sono essi l'intreccio dei nembi, amanti del vento, figli del cielo e degli oceani.
Sono monti ormai appianati, sono deserti tramutati in laghi, valli che si popolano, città che si svuotano.
Sono gli scarti del cosmo che si scindono e si sommano,
disciolti in nobili elementi assieme a ricordi d'altri tempi ed altre lingue,
trasportati dalla marea dell'anima, di petto in petto, di fiato in fiato.
Sono gli uomini, arcipelaghi di carne e sangue, di anime e sogni,
e le loro polveri si mescolano le une alle altre, rendendo immortali gli intenti.
Sono gli uomini, universi, discendenti dei supremi astri,
ed eredi di un regno sterminato che, in altre forme ed altri modi, un giorno esploreranno.

lunedì 30 gennaio 2012

Uomo nudo

Eccomi, sono nudo.
Guardatemi, guardatemi pure.
Additatemi e ridete, coraggio!
Un uomo nudo, nudo come un verme.
Che sia! Sarò verme per voi tutti,
ma vi prego, ridete!
Sono nudo,
senza corazza,
disarmato e vulnerabile.
Guardatelo!
Ecco l'uomo nudo.
E' senza pudore, dicono alcuni;
non è uomo, dicono altri.
Ma che importa? Eccomi. Sono nudo.
Vesto il corpo della sola anima mia.
Sono nudo, in mezzo alla piazza,
e non mi vergogno se anche piango.
Deridi pure la mia nudità,
ma sappi che senza il tuo abito,
tu, che ti dici uomo,
tu nemmeno esisteresti!
Ma io sono nudo.
Un vero uomo, nudo.

Distillato d'amore

Alchemica formula,
divino intento.
Parvendo umano,
ineffabile meraviglia,
producesti fremiti,
diffondesti stupore.
E l'universo collassa,
s'infrange in cosmico pulviscolo,
e si ricrea in un istante
nuova fede, nuovo dio, nuova umanità.
Ed ora parlami, mentimi,
illudimi, feriscimi, deridimi.
Ed ora baciami, veleno mio.
Dei tuoi respiri sarei morto comunque.



lunedì 9 gennaio 2012

Appello agli amanti

Ditemi voi che vi definite saggi nell'amore,
voi, che dite d'aver compreso l'alchimia che trasforma il piombo in oro fino,
che fate vostra la scienza degli ormoni e dei feromoni e del fremito che san creare,
voi, che sussurrate alle stelle i segreti dell'universo e che cercate degli astri il consenso,
e che bruciate i vostri corpi in passioni che s'accendono da scintille nate da sguardi di desiderio.
Voi amanti, che sovvertite l'ordine delle cose e ribaltate le leggi per liberarvi delle vostre catene,
voi che sciogliete come statue di ghiaccio nel più torrido agosto nell'assenza del vostro amore,
che vi illuminate di soli e di lune, e che dipingete i corpi vostri di canzoni e sonetti.
Rivelatemi, come ad istruire un cieco sulle fattezze di un'alba mai vista,
dell'amoroso prisma i misteriosi versi, a me che son cieco ed anche sordo d'amore.
Ditemi voi, eletti proseliti di Venere ed amici d'avventura del giovane Cupido,
voi che siete savi più di me del grande mistero che la scienza terrena e divina abbracciano,
sì, proprio voi che misurate le stagioni in anniversari e che fate fiocchi agli anni perduti,
cantatemi del vostro Dio la sembianza, come fareste delle incarnazioni che tanto amate.
Ditemi voi che vedete, che cos'è l'amore, poiché io, cieco ed ateo, non lo vedo e mai lo vidi.
Voi rispondereste con impudica arroganza che la mia cecità m'inaridisce il cuore,
e che, non con gli occhi si ammira la divinità dell'amore.
Così vi rispondo anzitempo.
Del mio esser cieco ho forse io la colpa? E nel non poter udire ho indietro il mal che feci?
Se così fosse, il Dio vostro avrebbe tanto affanno nel tappare gli occhi e orecchi miei,
che metà sarebbe bastato a salvar dai tormenti il cuor d'uno stolto che invano ha creduto il Lui.

venerdì 6 gennaio 2012

Circus

Abbagliasti con suadente lingueggio l'ego mio fanciullesco
e con lusinghieri eloqui comprasti l'attenzione di molti.
T'addentrasti nel mio pomeriggio con parole d'astuzia felina
e con passo felpato allontanasti da me la ragione ed il buon senso.
Nei miei ricordi riecheggiano i suoni dei cavalli che in tondo, ammaestrati,
brandivano sugli alti capi piumati il macabro tuo sigillo,
e i giullari i quali con moine e burlesche figure alleggerivano il cuor mio.
E si facevano soavi i pensieri e l'anima, dai dolciumi e dallo sfarzo distratti,
e dallo sfavillio dell'incredibile che si rifletteva nei miei occhi
nelle ore di ludica magia che stregava le platee,
mentre tu, mangiafuoco, vegliavi il mio divenire da dietro il tendone.
Vendetti l'anima per un giro nella tua giostra infernale,
nella quale il tuo dolce veleno si mischiò al sangue mio, rendendomi assuefatto.
Tra le risa e gli applausi ancor'oggi riempi il tuo tendone,
portandoci con te alla fine dello spettacolo,
facendoci tuoi buffoni e pagliacci truccati,
per allietare le sere della gente annoiata,
e per sfamare il tuo insaziabile appetito.
Neanche mi accorsi di quanto il biglietto fosse costato caro.

martedì 3 gennaio 2012

Alba

Ho pianto mari,
sospirato tempeste,
ma nel calore dell'alba
si placa il cuor mio.
E respiro, finalmente.
Libero.

Alle Grotte

Rientro nel grembo della Terra,
io, che fui polvere.
Il sentiero scende, portandomi nelle viscere di un mondo sconosciuto.
L'acqua scorre lenta su pareti di pietra.
Questa è la vita sotto i nostri piedi.
Il freddo paesaggio è di calcaree cattedrali,
di torri d'avorio, di veli ed animali
i quali da sempre, immobili, attendono lo sguardo nostro
per risvegliare le anime degli uomini con le loro silenziose preghiere.
Dimentico lontano la società e la sua follia
e per la prima volta capisco d'essere vivo,
qui, nella grotta bianca, mentre respiro la gelida esate sotterranea.
Tornando in superficie rinasco a nuova vita,
alzo gli occhi e ritrovo il sole ed il suo calore,
Vivo, forse, per la prima volta.



(scritta dentro le grotte di Castellana, luogo magico capace di risvegliare l'anima)

lunedì 2 gennaio 2012

Rest in Love

Troverò un nuovo nome ad ogni cosa banale
per renderla speciale ma soltanto agli occhi tuoi.

Cercherò un nuovo colore per tingere quel cielo
che sopra le città si spegne all'imbrunire
e non ci sarà mai più una notte sopra noi.

Inventerò infine una nuova melodia
per fingere che i giorni ed il tempo che già corron,
fin dal primo sguardo, non sian passati mai.

e canterò per te un goffo giuramento,
col goffo mio sorriso,
per veder sorridere un'altra volta il volto tuo,
sperando poi che col senno del domani,
tu scelga un'altra volta, stupidamente, me.

e felice io sarò di stringerti le mani
chiudengo gli occhi e poi, respirando solo te,
di essere rifugio nelle notti tempestose
sapendo che i pensieri di tempi senza tempo,
di eternità rubate e di soli che si spengono
per niente turberanno il sonno che ci culla
in questa sera chiara che fine non avrà.